Un rendez vous catalano
tra amore e anarchia
Joan Isaac è senza dubbio una delle voci più
intense della canzone d'autore catalana. In Italia lo si è
conosciuto piuttosto recentemente, verso la fine degli anni
novanta, per le sue partecipazioni al Premio Tenco e per l'amicizia
che lo lega a Sergio Secondiano Sacchi. Ma il primo singolo
di Joan Isaac,
Rèquiem, è del 1973. E quasi
fosse per festeggiare i quarant'anni di carriera di Joan Isaac
è stata pubblicata questa ben documentata biografia (
Joan
Isaac. Bandera negra al cor, prologo di Joan Manuel Serrat,
Editorial Milenio, Lleida 2013, pp. 256, € 21,00), opera
del poeta e scrittore gaditano Luis García Gil, che già
si era dedicato a raccontare le vite di altri referenti della
canzone d'autore spagnola e internazionale come Joan Manuel
Serrat, Javier Ruibal, Atahualpa Yupanqui e Jacques Brel.
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Barcellona, febbraio 2013. Festival Cose di Amilcare.
Joan Isaac durante il concerto di Eugenio Finardi
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Grazie a una ricerca appassionata ed appassionante, García
Gil ricostruisce la vita e la traiettoria artistica di Joan
Vilaplana i Comín, in arte Joan Isaac, dagli anni dell'infanzia
a Esplugues, poco fuori Barcellona, fino al suo ultimo disco,
Piano, piano, uscito nel 2012. E nel mezzo, oltre ad
un'utilissima appendice con la discografia completa e con fotografie
provenienti dall'archivio privato di Joan Isaac, c'è
tutta la poesia, le emozioni, le lotte, i sogni, le delusioni,
l'impegno di un cantautore controcorrente che García
Gil definisce come un epigono della Nova Canço catalana.
Secondo lo scrittore gaditano, per capire Joan Isaac è
imprescindibile difatti conoscere quella straordinaria esperienza
che rivoluzionò la canzone e la cultura catalana e i
suoi compagni di viaggio. Artisti come Maria del Mar Bonet,
Quico Pi de la Serra e Lluis Llach, tra gli altri. E anche una
figura imprescindibile per quanto molto criticata dai puristi
negli anni Settanta: Joan Manuel Serrat.
Ma, come spiega García Gil, per contestualizzare la raffinata
poesia di Joan Isaac e la sua scelta di scrivere e cantare in
catalano bisogna ritornare agli ultimi anni della dittatura
franchista e alla lenta transizione alla democrazia. È
in tutto questo che nasce una canzone che rimane ancora oggi
un simbolo,
A Margalida, dedicata alla compagna di Salvador
Puig Antich, l'ultima persona ad essere giustiziata dal regime
franchista con la barbara tecnica della garrota nel marzo del
1974. E proprio questo 2 di marzo, per ricordare Puig Antich
ai quarant'anni esatti dal suo assassinio, Joan Isaac dedica
uno spettacolo, organizzato insieme agli amici di Cose di Amilcare
e del BarnaSants, intitolato non a caso
Cançons d'amor
i d'anarquia. Uno spettacolo che approderà anche
a Sanremo il prossimo 3 maggio.
È questa capacità di unire amore e anarchia, ci
spiega García Gil, la chiave per capire la poesia che
si fa canzone di Joan Isaac, sia nel primo intenso decennio,
segnato da dischi pregevoli come
És tard (1975),
Viure (1977) e
Barcelona, ciutat gris (1980),
sia negli ultimi quindici anni – dopo una lunga pausa
tra il 1985 e il 1998 in cui il cantautore di Esplugues si è
ritirato dalle scene e si è dedicato alla professione
di farmacista – con dischi superbi come
Joies robades
(2002),
Duets (2007) e
Auteclàssic. Joan Isaac
& Luis Eduardo Aute (2009). Dischi dove un Joan Isaac
maturo intervalla con garbo ed esperienza nuove canzoni con
versioni in catalano di classici in altre lingue, tra cui è
doveroso ricordare lo spagnolo Aute e i nostri Roberto Vecchioni
e Paolo Conte.
Un
rendez vous, quello tra amore e anarchia ed un legame,
quello con la cultura e la canzone italiana, che continuerà
anche nei prossimi anni come il nuovo disco che uscirà
a breve,
Vuit joies italianes i altres maravelles, con
versioni in catalano di Capossela, Dalla, Battiato, Giorgio
Conte e De Gregori, tra gli altri, fa presagire.
Un bel libro, insomma, questo di García Gil, la cui lettura
è consigliata a chi si vuole avvicinare alla canzone
d'autore catalana e, più concretamente, alla poesia/canzone
di Joan Isaac.